Il tessuto produttivo di un territorio ha bisogno di ricerca e innovazione per svilupparsi e reggere la concorrenza del mercato. La ricerca universitaria può e deve giocare un ruolo di primo piano nel favorire la crescita delle realtà economiche locali. Ma il dialogo tra Università e territorio non è sempre facile: ci sono diversità “strutturali”, delle quali è necessario tener conto per poter stabilire relazioni proficue.

Molti studiosi parlano proprio di “tensione” tra la ricerca “globale” condotta nelle Università, e le esigenze “locali” degli attori economici operanti sul territorio. La ricerca universitaria, infatti, è necessariamente rivolta al mondo scientifico internazionale: per favorire la propria crescita culturale nonché la propria carriera, ogni ricercatore deve pubblicare il lavoro svolto su riviste scientifiche internazionali e presentarlo ai maggiori convegni scientifici. E’ quindi inevitabile che i suoi filoni di ricerca seguano le linee di maggiore rilievo internazionale e siano centrati su settori molto specializzati: solo in questo modo può raggiungere un’eccellenza riconosciuta dal mondo scientifico. Di conseguenza, solo in questo modo i relativi gruppi di ricerca, i dipartimenti e gli Atenei possono diventare dei centri d’eccellenza.

E’ chiaro che tale impostazione non si concilia al meglio con le esigenze del territorio. L’innovazione d’impresa richiede la soluzione, preferibilmente in tempi brevi, di problematiche che hanno spesso un limitato contenuto scientifico e sono sovente lontane dai temi studiati nei dipartimenti universitari. Nascono appunto così le “tensioni” che l’Università ha cercato di allentare in questi ultimi anni creando delle strutture adibite al trasferimento delle conoscenze, e realizzando i cosiddetti “spin-off accademici” (i primi spin-off accademici trentini sono nati da poco ad altri sono in programma), ossia piccole imprese che avviano un’attività produttiva sfruttando i risultati delle ricerche. Si tratta, in ogni caso, di tentativi mirati a dare una ricaduta sul territorio di ricerche svolte all’interno dell’Università, con i criteri “globali” tipici del mondo accademico.

Si può, tuttavia, cercare di seguire anche la direzione opposta: far sì che – almeno su alcune tematiche – siano le esigenze del territorio a proporre nuovi filoni di ricerca universitaria. Questo obiettivo può essere perseguito formando specifici gruppi di ricerca all’interno dell’Università che si occupino di progetti individuati dagli attori economici locali. Tale approccio è molto seguito nel mondo anglosassone, dove numerose aziende private sostengono gruppi di ricerca (finanziando docenti, “cattedre”, ricercatori, dottorandi e l’acquisto di strumenti) su tematiche di loro interesse. Si realizza così un’attività continuativa nel tempo, che permette ai ricercatori di crescere culturalmente e pubblicare su riviste di rilievo internazionale e – a chi la promuove – di disporre di innovazione e costante aggiornamento ai massimi livelli.

(dal Corriere del Trentino del 6 maggio 2008)