L’astronave Rosetta, con indicati alcuni tra gli strumenti scientifici, tra cui i due occhi di OSIRIS, VIRTIS e GIADA. Sul retro sporge parte del modulo di atterraggio Philae. Sulla destra si vede uno dei due pannelli solari, i più grandi ed efficienti mai lanciati nello spazio. Foto ottenuta nel 2002 in fase di montaggio finale nei laboratori di Alenia Spazio a Torino.
L’astronave Rosetta, con indicati alcuni tra gli strumenti scientifici, tra cui i due occhi di OSIRIS, VIRTIS e GIADA. Sul retro sporge parte del modulo di atterraggio Philae. Sulla destra si vede uno dei due pannelli solari, i più grandi ed efficienti mai lanciati nello spazio. Foto ottenuta nel 2002 in fase di montaggio finale nei laboratori di Alenia Spazio a Torino.

La stele di Rosetta ha permesso di decifrare – nel 1816 – i geroglifici egizi e di capire così una delle più grandi civiltà umane del passato. La missione spaziale Rosetta sta entrando nel vivo e ci aspettiamo che permetta di gettare una luce sui molti misteri sull’origine del sistema solare e della Terra. Tutto ciò con il contributo, possiamo aggiungere, anche della ricerca trentina.

Un grande entusiasmo ha accompagnato la discesa sulla cometa Churiumov-Gerasimenko del modulo Philae, trasportato dall’astronave Rosetta, tanto che molti hanno paragonato l’evento allo sbarco dell’uomo sulla Luna. In effetti, siamo davanti ad un’impresa formidabile, resa possibile dalla collaborazione scientifica tra numerosi enti di ricerca e università europee. Anche l’Italia ha dato fatto la sua parte. Diverse aziende, tra le quali Alenia Space e Finmeccanica, e numerosi scienziati di vari centri di ricerca italiani hanno partecipato allo sviluppo dei moduli dell’astronave; penso al Politecnico di Milano, al CISAS dell’Università di Padova, e al Cnr, solo per fare alcuni esempi. Ma anche la ricerca trentina è presente in questo progetto, e mi riferisco in particolare al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento, tramite il prof. Mariolino De Cecco e la sua equipe di Meccatronica, i quali hanno partecipato attivamente al gruppo internazionale che ha progettato e costruito Osiris, uno dei moduli principali dell’astronave. Osiris ha studiato la superficie della cometa e ha permesso l’individuazione del punto ottimale di atterraggio di Philae; ora indagherà le caratteristiche dei minerali e gas presenti sulla cometa, cercando insomma di capire cosa c’è lassù.

Mariolino ha partecipato al risveglio di Rosetta – dopo dieci anni di ibernazione – e in particolare a quello di Osiris, coordinando la messa a punto del software di gestione dei telescopi. “Si ritiene”, afferma con comprensibile trepidazione, “che una buona parte dell’acqua degli oceani terrestri possa essere stata rilasciata dalle tante comete che hanno colpito il nostro pianeta durante le prime fasi della sua esistenza”. E l’acqua, lo sappiamo dai tempi di Talete, è l’elemento base della vita, addirittura il luogo dove la vita è nata. Insomma, il progetto comporterà numerose ricadute tecnologiche per le aziende e istituti di ricerca che vi hanno preso parte, e porterà pure – Mariolino ne è sicuro e anche noi lo auspichiamo – “una svolta storica alla conoscenza delle nostre origini”.

(dal Corriere del Trentino del 16 novembre 2014)